domenica 21 febbraio 2010

La mia tigre


Tiger! Tiger! Burning bright
In the forests of the night,
What immortal hand or eye
Could frame thy fearful symmetry?
(Tigre!Tigre! Divampante fulgore
nelle foreste della notte,
quale fu l’immortale mano o l’occhio
ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria? -  William Blake)


  La tigre è  forza paurosa, feroce bellezza, energia.
E’ l’energia dentro di noi.  E’ luminosa e oscura, la sua intensità spaventa, potrebbe distruggere…
Ma   possiamo riconoscerla e incontrarla con rispetto. Il decimo esagramma dell’I Ching, ci mostra  che “procedere”   implica  avanzare con cautela sulla coda della tigre, ed essa non  azzanna.
E nella mitologia greca si lascia legare al carro di Dioniso.

  E’ in noi, ma non ci appartiene: il pugno, che nel Tai chi racchiude l’energia, è aperto  proprio nella “bocca della tigre” (lo spazio  fra indice e pollice).

  Nella forma ne incontriamo rappresentazioni  differenti.
Ancora a distanza accumuliamo energia nel tendere l’arco per colpire la tigre.   Ci avviciniamo nel colpire la tigre di destro e di sinistro: è l’ “aggredior” latino, che significa appunto “mi avvicino”. Non  è necessariamente distruttivo: è ricerca di contatto, come avviene nelle arti marziali interne. E  nel colpire la tigre si rivela se stessi (Yang Pan-Hou).

Nel tenere la tigre per le orecchie il contatto non è più fugace:  siamo faccia a faccia, sentiamo il suo odore;  è  difficile restare  e vincere  la tentazione di distogliere lo sguardo o perdersi  e lasciarsi annientare.

Ma c’è anche il momento di abbracciare la tigre e tornare alla montagna: possiamo far tesoro della nostra energia.  E finalmente  retrocedere per cavalcare la tigre: mi piace pensare che il  passo indietro che ci permette di cavalcare la nostra energia e fluire liberamente con essa sia quel passo indietro, quel  “clic” di disentificazione che avviene nella meditazione.